La nuova inchiesta a 24 anni dalla morte del calciatore: «Non fu suicidio». Indagata per concorso in omicidio la fidanzata.
Il calciatore del Cosenza Donato Bergamini, Denis per gli amici, fu ucciso. È questa la conclusione della procura di Castrovillari che mercoledì ha iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di concorso in omicidio volontario Isabella Internò, ex fidanzata del giocatore. Ventiquattro anni dopo quella morte si aprono nuovi scenari sulla fine di Bergamini, trovato senza vita sull’asfalto della statale 106, nei pressi di Roseto Capo Spulico, ai confini della Calabria.
Il 18 novembre del 1989 Bergamini, dopo aver lasciato il ritiro del Cosenza, senza nessuna giustificazione, in compagnia della fidanzata, si mise in viaggio con la sua Maserati, destinazione Taranto. Bergamini stava disputando un ottimo campionato con il Cosenza tanto da essere nel mirino di Fiorentina e Parma. Qualcosa però turbava il giocatore tanto da spingerlo ad abbandonare quella vita dorata. Denis propose quindi alla fidanzata un viaggio alle Hawaii. Una scelta che non entusiasmò Isabella. Gli stessi compagni di squadra, prima fra tutti Michele Padovano, poi passato alla Juventus, non riuscirono mai a comprendere il perché di quella decisione di lasciare il calcio. Forse qualcuno ricattava Bergamini? La coppia comunque si mise in macchina per raggiungere Taranto.
Durante il tragitto Denis e Isabella hanno continuato a discutere su quella scelta che non trovava d’accordo la fidanzata del calciatore. L’auto di Bergamini quel 18 novembre del 1989 fu fermata a un posto di blocco dei carabinieri, poi i due fecero sosta in una piazzola della superstrada. Una sosta che sarebbe durata qualche ora – sempre secondo quanto riferì all’epoca Isabella Internò. Denis Bergamini era intenzionato a fuggire, ma Isabella non voleva assolutamente lasciare la Calabria. Che cosa sia accaduto dopo lo spiegò sempre la giovane che a verbale confermò in più occasioni che Denis scese dalla Maserati e si mise a fare l’autostop. Poi un grido: «Ti lascio il mio cuore, ma non il mio corpo» e si tuffò sotto un camion. Una versione confermata anche dall’autista del grosso mezzo Raffaele Pisano, mai indagato, tant’è che per vent’anni la morte di Denis Bergamini fu considerata un suicidio.
I genitori del calciatore non hanno mai creduto però a questa ipotesi. Sin dall’inizio molti dubbi hanno circondato la storia del suicidio e così i familiari di Denis Bergamini hanno percorso tutte le strade possibili cercando un’altra verità. Ventitrè anni dopo il legale della famiglia Eugenio Gallerani ha consegnato al procuratore di Castrovillari Franco Giacomantonio nuove prove e nuovi elementi che hanno convinto il magistrato a riaprire il caso Bergamini. Il primo dubbio è stato risolto da una nuova perizia sul corpo del calciatore. Il medico legale ha stabilito, infatti, che quando Bergamini fu investito dal camion era già morto. E poi c’erano gli oggetti personali come l’orologio, trovato perfettamente funzionante, nonostante l’impatto con il camion. E le scarpe rimaste senza un graffio nonostante il trascinamento del corpo per decine di metri, come disse all’epoca l’autista del camion.
Insomma particolari inediti che al momento della morte nessun si preoccupò di rilevare, chiudendo frettolosamente l’indagine. Perché tutto questo mistero attorno a quella morte. Si parlò di traffici di droga, di sesso, subito dopo il decesso di Bergamini. Piste mai provate. Oggi la procura di Castrovillari ipotizza che Bergamini non si è suicidato, ma è stato ucciso. Da chi e perché? Michele Padovano compagno di squadra di Denis disse, all’epoca, che Bergamini si allontanò dal cinema di Rende dove la squadra si era ritrovata prima della gara con il Messina, senza dire nulla. E aggiunse che gli sembrò di scorgere nella penombra della sala due figure che si misero alle costole di Denis. La procura adesso accusa Isabella Internò di omicidio volontario, ma se l’ipotesi dei magistrati dovesse essere confermata, è evidente che la ragazza non agì da sola. Chi l’aiutò?