Denis Bergamini starebbe benissimo in una squadra come quella di Cappellacci che, quando gioca lontano dal San Vito, indossa l’armatura e sfodera prestazioni maiuscole. Sabato sarà ricordato il “calciatore suicidato” che è ancora vivo nel cuore degli sportivi rossoblu.
Per commentare la vittoria dei Lupi in terra di toscana basterebbe riprendere quello che si è detto una settimana fa a proposito della gara di Messina o il commento alla vittoria di Aversa: il Cosenza formato trasferta è una garanzia e la mentalità rispecchia fedelmente quello che troveremmo scritto nel manuale del calcio, se mai qualcuno fosse in grado di poter scrivere una ricetta infallibile. I numeri nel calcio sono sempre importanti e specchio fedele dell’andamento del progetto: senza vittorie, riscontro fattivo del lavoro compiuto, a nulla varrebbero gli sforzi settimanali e domenicali. Ma dietro ogni vittoria, dietro ogni impresa sportiva vi sono uomini che raccontano una storia e lasciano, quando riescono a diventare leggenda, un segno indelebile che percorre generazioni di tifosi e superano anche l’oblio dello scorrere del tempo. 24 anni fa, quasi un quarto di secolo per dirla diversamente, il proscenio del San Vito era di competenza di un biondo centrocampista roccioso, determinato e determinante, un ragazzo pieno di voglia di vivere, senza fronzoli, sano e di spessore morale senza pari. Donato “Denis” Bergamini, uno di quegli esempi lampanti di come nel mondo del calcio, esasperato dal professionismo e dal business, si possa ancora ricordare una bandiera che trasversalmente abbraccia e accomuna più di una generazione di tifosi. C’è chi lo ha visto giocare e di lui se ne innamorato sul campo, c’è chi ne ha fatto un’icona da difendere senza mai averlo conosciuto e c’è chi, soprattutto, continua a lottare per preservarne la memoria e ricercare una verità dovuta e sperata. Oggi Denis sarebbe potuto essere, come nei suoi desideri, “insegnante” di calcio, portavoce di uno stile di vita e di pensiero da trasmettere alle giovani leve calcistiche, a quei ragazzi che sperano di diventare calciatori ma che nel calcio moderno hanno innanzitutto bisogno di crescere da uomini prima che da professionisti. Proprio per questo, per non dimenticare i valori e le idee che l’uomo Denis avrebbe potuto e voluto trasmettere, che l’Associazione “Verità per Denis” continua nel suo percorso rivolto ai giovani e a quella parte di calcio ancora pura e non contaminata dal business e dai contratti e sabato 16 novembre, in concomitanza con il prossimo match casalingo di quella che è stata e sarà sempre la sua squadra, Denis verrà ricordato proprio da quei bambini che lui avrebbe voluto portare per mano nel mondo del calcio. Una fiaccolata alla quale parteciperanno decine di scuole calcio della provincia di Cosenza, grazie anche all’essenziale contributo personale del Presidente Guarascio e di tutta la società, che vuole portare una luce di speranza, un esempio da seguire, una bandiera da difendere. Un’adesione spontanea ed entusiasta proprio di quelle generazioni che non hanno mai conosciuto Denis ma che di lui possono e devono preservarne la memoria trasformandolo in un esempio da seguire, in un mito da emulare, per essere, prima che calciatori, uomini di sport. Una città intera abbraccerà per l’ennesima volta il suo campione, perché le bandiere, quelle vere, non muoiono mai.
Antonio Pallo
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