Caso Bergamini, l’amico Simoni: «Ucciso per l’aborto di Isabella»
L’ex compagno del centrocampista, morto nel 1989: «Non poteva essere in un brutto giro e non si è suicidato: fu omicidio passionale». Rinviata la riesumazione della salma
La riesumazione del cadavere di Donato Bergamini, per tutti Denis, prevista per il 2 maggio è stata rinviata. La decisione è stata la conseguenza della richiesta di incidente probatorio da parte dell’avvocato di uno dei due indagati per omicidio colposo dell’ex centrocampista del Cosenza morto il 18 novembre 1989 travolto da un camion sulla strada statale 106 Jonica nei pressi di Roseto Capo Spulico.
Depistaggi e lacune
Carlo Petrini aveva dedicato un libro al suo strano caso, intitolandolo «Il calciatore suicidato», con un richiamo alla vicenda del banchiere Guido Calvi: per il centrocampista del Cosenza, all’epoca militante in Serie B, si parlò subito di suicidio, con speculazioni pseudo giornalistiche che andavano dal movente della droga a quello del calcioscommesse. Una storia fatta di depistaggi, di ricostruzioni lacunose, di sentenze inspiegabili: l’autopsia dell’epoca mostrava un Bergamini con il volto intatto, senza alcuna ferita, incompatibile con l’ipotesi del suicidio. Per anni si è parlato anche di una parziale evirazione, poi smentita. La famiglia di Denis ha lottato per 28 anni affinché si facesse luce su un suicidio a cui non ha mai creduto, fino a ottenere la riapertura delle indagini il 26 aprile scorso, con la richiesta da parte del procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, di riesumazione del cadavere di Bergamini. Inoltre a Isabella Internò, la fidanzata dell’epoca, e a Raffaele Pisano, l’uomo che era alla guida del camion che investì il calciatore, sono stati notificati due avvisi di garanzia.
Luigi Simoni ha giocato per quattro anni insieme a Bergamini nel Cosenza, era il portiere di quella squadra che, sotto la guida di Bruno Giorgi arrivò vicina alla promozione in Serie A. Più che un compagno di squadra, Simoni è stato un amico di Denis e si è sempre battuto perché fosse fatta giustizia e si cercasse la verità sulla sua morte.
Perché secondo lei per quasi trent’anni si è creduto all’ipotesi del suicidio?
«Forse proprio per mascherare quello che realmente era, un omicidio. Dopo qualche minuto di sofferenza e di dolore, chiunque lo conosceva come me sapeva che Denis non poteva essersi suicidato, che mai e poi mai avrebbe potuto compiere un gesto del genere».
«La mia idea è quella suffragata dalle prove: evidentemente qualcuno, quando ha saputo dell’aborto (avvenuto a Londra pochi mesi prima, ndr) di Isabella, ha voluto in qualche modo punire Denis, senza agire in maniera molto pulita, pensando di essere coperto da qualcuno. Qualche copertura deve esserci stata per forza, visto che le prove di cui si parla oggi erano a disposizione già all’epoca dei fatti. Ma nessuno, fino a oggi, ha mai avuto il coraggio di andare fino in fondo a questa storia».
Lei è la persona che aveva presentato Isabella Internò a Denis. Cosa pensa di questa persona?
«Io sono convinto che lei, a modo suo in maniera possessiva, gli abbia voluto bene e che, se ne avesse avuto la possibilità, lo avrebbe salvato in qualche modo. Evidentemente ciò che è accaduto non è dipeso solo da lei. Io non ho mai considerato Isabella come un pericolo per Denis: ma, evidentemente mi sono sbagliato».
Quindi si è trattato di un movente passionale?
«Secondo me sì, perché escludo categoricamente che lui sia entrato in giri loschi come quello della droga o del calcioscommesse. Per chi, come me, lo conosceva molto bene, queste sono ipotesi che fanno anche ridere, perché Denis non fumava e non amava perdere neanche le partitine di allenamento o di calcio tennis tra noi. Escludo quindi categoricamente che sia entrato in qualche giro brutto e sia stato fatto fuori per questo motivo».
Che ruolo pensa abbia avuto Pisano, il camionista coinvolto nelle indagini e accusato insieme alla ex fidanzata?
«Non conosco bene la sua situazione. Ricordo che già ai tempi del primo processo le due testimonianze della Internò e di Pisano erano discordanti e già questo avrebbe dovuto far pensare a chi era preposto a giudicare che c’era qualcosa che non andava. Di più non so dire di lui: forse è stato coinvolto a sua insaputa o forse è stato costretto anche lui a prendere parte a questa pantomima, a questa farsa».
Caso Bergamini, gli articoli usciti sul Corriere
Cosa sa della vicenda dell’aborto?
«Denis non aveva altre donne. Voleva riconoscere il figlio, ma lei decise di non tenerlo, poiché lui non voleva sposarla: Isabella riteneva disonorevole la condizione in cui si sarebbe trovata a Cosenza. Per cui scelsero di abortire».
Quanto siamo vicini a fare giustizia?
«Quando ho letto che il caso era stato finalmente riaperto ho pensato che abbiamo vinto solo una battaglia, ma ora dobbiamo vincere la guerra: se c’è davvero chi vuole andare fino in fondo alla vicenda, come sembra, stavolta mettono in carcere qualcuno e buttano via la chiave».
Infine, chi era Denis Bergamini? Che calciatore e che ragazzo era?
«Era il migliore di tutti quanti noi: di solito si dice così quando qualcuno se ne va, ma nel caso di Denis corrisponde alla verità. Giocatore eclettico, moderno, che avrebbe potuto giocare anche oggi, in categorie superiori».