L’ex portiere chiede giustizia I tifosi del Cosenza domenica ricorderanno il giocatore.
Ventiquattro anni dopo la morte di Donato Bergamini, Cosenza si è svegliata ieri sotto una pioggerellina insistente, come quella che la bagnava il 18 novembre del 1989. Era il giorno della tragica fine di Donato «Denis» Bergamini, uno dei giocatori di quel Cosenza che sfiorò la promozione in A con Bruno Giorgi in panchina. Una sveglia, con la notizia dell’avviso di garanzia all’allora fidanzata Isabella Internò, dura come un ceffone in volto.Indietro tutta Nei bar, nei ritrovi dei tifosi, dalla centralissima piazza Kennedy dove negli anni Ottanta c’era il cuore dei supporter, fino ai social network, decine di commenti sull’ipotesi di omicidio volontario che getta un’ombra sinistra sulla fine di Bergamini. «Se davvero l’hanno ucciso, ora deve esserci giustizia» sentenzia un tifoso di vecchia data. Interviene anche Gigi Simoni, il portiere amico del cuore di Denis e suo compagno di squadra a Cosenza. «Sono contento che qualcosa si stia muovendo anche se tutti siamo innocenti fino all’ultimo grado di giudizio. La tesi del suicidio non ha mai retto: chi conosceva Denis non ha mai pensato che potesse fare un gesto del genere». Gli fa eco l’altro compagno di squadra dell’epoca, Francesco Marino. «Senza colpevolizzare nessuno, spero con tutto il cuore che si arrivi alla verità per rispetto di Denis e della sua famiglia che merita di sapere quello che è successo». Giornata movimentata anche sui forum, come il cliccatissimo «Cosenza United» che in questi anni ha tenuto viva, con l’associazione Verità per Denis, la mobilitazione sull’inchiesta in contrasto con la versione del suicidio. La Cosenza sportiva che aveva gremito piazza Loreto con migliaia di presenze per i funerali nel 1989, non è rimasta in silenzio. Domenica, nella gara in programma con la Casertana, Bergamini sarà ricordato nello stadio che lo ha visto protagonista con uno slogan eloquente: «i gol più belli si segnano quando ormai sembra tutto perduto».
Alessandro Russo