Il tir sulla statale Jonica travolse un cadavere. L’hanno stabilito i Ris di Messina
Chi ha ucciso Donato Denis Bergamini? Ora la domanda è legittima. Da mercoledì mattina, infatti, quello di Denis Bergamini, ex calciatore del Cosenza, non è più un caso di suicidio. Il biondo centrocampista ferrarese è sì finito sotto un Tir, più di 22 anni fa, lungo la famigerata statale 106 Jonica. Ma il corpo travolto dal Fiat Iveco 180 era già cadavere. Lo hanno stabilito i Ris di Messina che qualche ora fa hanno depositato la loro perizia presso la procura di Castrovillari (Cosenza) che dal giugno scorso, su richiesta della famiglia del calciatore, ha riaperto le indagini. Qualcuno, dunque, l’ha ammazzato e ha inscenato un falso suicidio per confondere le acque, tanto bene che per oltre due decenni il rebus è sembrato insolubile.
LA MORTE – Denis Bergamini morì il 18 novembre del 1989, quando l’orologio segnava le 19. La notizia fece subito il giro dei Tg. In Calabria non si parlava d’altro. Bergamini giocava in B, al Cosenza. In estate lo aveva cercato il Parma del neopresidente Calisto Tanzi, ma in Calabria lo avevano convinto a rimanere in rossoblu. I cosentini vantavano tra le loro fila giocatori del calibro di Michele Padovano, che successivamente andrà a giocare nella Juventus. Eppure la squadra non riusciva a ingranare. Bergamini era in ritiro col Cosenza. Intorno alle 15.30 ricevette una chiamata che lo turbò molto: lasciò i compagni e, in compagnia di Isabella (la sua ex ragazza), si diresse in auto verso Taranto. Percorse la famigerata statale 106 per fermarsi in una piazzola di sosta nei pressi di Roseto Capo Spulico, ai confini fra Calabria e Basilicata. Poi finì misteriosamente sotto a un tir che lo avrebbe trascinato per una sessantina di metri. Da quanto risulta agli atti, la ragazza che era con Denis rassicurò immediatamente il camionista dicendogli: «Era il mio ragazzo, s’è voluto suicidare». Successivamente la ragazza venne accompagnata da qualcuno presso un bar di Roseto Marina dove telefonerà al tecnico Gigi Simoni, al direttore sportivo Francesco Marino, e alla madre del giovane.
I SOSPETTI – La morte di Denis Bergamini sconvolse Cosenza. E sin da subito lasciò perplessi quanti conoscevano la vittima. Bergamini sembrava di buonumore nei suoi ultimi giorni di vita: scherzava negli spogliatoi, tanto che tagliò i calzini di tutti i compagni. Comportamenti che non combaciano granché con l’umore di qualcuno che vuole ammazzarsi. I familiari del giovane non credettero mai al suicidio. E subito dopo l’incidente iniziarono la loro battaglia per fare chiarezza su questa morte inspiegabile. In questi 22 anni di silenzi e speranze, di storie riguardanti Denis ne son venute fuori a iosa. Il calciatore – pare – comprò un’auto con doppio fondo nel baule (se ne usano di analoghe per trasportare droga). Un acquisto che sembra gli venne imposto dalla ‘ndrangheta. Era complicata anche la storia con Isabella, ex in auto con lui la sera della morte: le avrebbe confidato che si uccideva per amore. Eppure era stato Denis a lasciarla. E infine quelle telefonate che scuotevano l’animo del calciatore ricevute in più occasioni (secondo quanto affermato Michele Padovano e il papà del ragazzo). Chi era al telefono? Cosa poteva sconvolgere così Denis? Senza dubbio, Cosenza in quegli anni era una città con una criminalità in ascesa: due clan terrorizzavano l’area urbana per spartirsi il territorio.
LA SVOLTA DEI RIS – Dubbi e sospetti a non finire. Tanto fondati che da oggi il caso Bergamini dovrà essere affrontato come omicidio. La perizia dei Ris, a 22 anni di distanza, è una luce, tenue, in fondo al tunnel. Dopo una serie di simulazioni i Ris di Messina hanno stabilito che le analisi sulle scarpe che indossava Denis, la catenina e l’orologio, offrono un altro quadro della sua morte. La famiglia Bergamini torna a sperare di scoprire chi e perché ha ucciso Denis. Se lo chiedono anche a Cosenza, città che non lo ha mai dimenticato e che gli ha dedicato una curva dello stadio.
Biagio Simonetta