Sono passati ventiquattro anni da quel 18 novembre 1989, giorno in cui Donato “Denis” Bergamini finiva la sua esistenza sotto un tir lungo la statale 106 ai confini fra Calabria e Basilicata. Ventiquattro anni e mille misteri. La morte del centrocampista del Cosenza, una delle migliori promesse della Serie B, scuote il mondo del calcio. “Suicidio”, si dirà subito. Una morte atroce, dettata da chissà quale trauma esistenziale.
Oggi, invece, l’inchiesta riaperta un anno fa allenta le maglie del mistero e apre il campo a nuove ipotesi clamorose: Donato Bergamini non si uccise, ma lo uccisero. E i magistrati hanno segnato un nome nel registro degli indagati, con l’accusa di concorso in omicidio: quello di Isabella Internò, la ex fidanzata del calciatore. La stessa che quel giorno era con lui, in quella piazzola di sosta. La stessa che (da quanto risulta agli atti) rassicurò immediatamente il camionista dicendogli: «Era il mio ragazzo, s’è voluto suicidare». Isabella venne poi accompagnata da qualcuno presso un bar di Roseto Marina dove telefonò al tecnico Gigi Simoni, al direttore sportivo Francesco Marino, e alla madre del giovane calciatore.
L’avviso di garanzia alla donna è stato notificato dai carabinieri del Comando provinciale di Cosenza dopo le indagini avviate dalla Procura di Castrovillari dalle quali sarebbe emerso che Bergamini era già morto quando fu investito, e non si gettò sotto il mezzo, come invece stabilì la prima inchiesta.
Grazie alla riapertura delle indagini si è scoperto che Bergamini, secondo una perizia redatta nel 1990 dal medico legale Francesco Maria Avato che venne stranamente ignorata dai magistrati di allora, fu evirato e morì dissanguato. Una perizia che oggi risulta determinante. L’accusa di concorso in omicidio ai danni della ex fidanzata di Bergamini potrebbe essere solo l’inizio di una serie di nuovi risvolti relativi a questa storia maledetta e infinita.
La morte del calciatore, del resto, sconvolse il mondo del calcio. E lasciò senza parole quanti lo conoscevano. Bergamini sembrava di buonumore nei suoi ultimi giorni di vita: scherzava negli spogliatoi, tanto che tagliò i calzini di tutti i compagni. Comportamenti che non combaciano granché con l’umore di qualcuno che vuole ammazzarsi. I familiari del giovane non credettero mai al suicidio. E subito dopo l’incidente iniziarono la loro battaglia per fare chiarezza su questa morte inspiegabile. In questi 22 anni di silenzi e speranze, di storie riguardanti Denis ne son venute fuori a iosa. Si disse che il calciatore comprò un’auto con doppio fondo nel baule (se ne usano di analoghe per trasportare droga). Un acquisto che gli sarebbe stato imposto dalla ‘ndrangheta. Era complicata anche la storia con Isabella. Il loro rapporto era oramai chiuso. Per questo si disse che Bergamini s’era ucciso per amore. Eppure era stato Denis a lasciarla. E infine quelle telefonate che scuotevano l’animo del calciatore ricevute in più occasioni (secondo quanto affermato da Michele Padovano e dal papà del ragazzo). Chi era al telefono? Cosa poteva sconvolgere così Denis? Senza dubbio, Cosenza in quegli anni era una città con una criminalità in ascesa. E oggi c’è una certezza in più: Bergamini è stato ammazzato.
Biagio Simonetta