Proroga delle indagini preliminari: è stata questa la richiesta, accolta, del sostituto procuratore di Castrovillari, in merito al caso “Donato Bergamini”. Richiesta dovuta, evidentemente, alle evoluzioni sorprendenti delle ultime settimane del caso giudiziario relativo alla morte del mediano del Cosenza Calcio Denis, trovato cadavere il 18 novembre del 1989 sulla statale 106 Jonica (CS), per oltre due decenni passato sotto traccia, e clamorosamente, di fatto, riapertosi nel maggio scorso, quando la procura ha notificato un avviso di garanzia per concorso in omicidio volontario ad Isabella Internò, ex fidanzata del giovane calciatore.
La procura ha difatti raddoppiato il numero degli indagati in merito al possibile omicidio del giovane, e dopo l’Internò ha messo sotto la lente d’ingrandimento anche un altra persona. Il secondo indagato (senza specifica di reato), sostengono alcuni, potrebbero essere Raffaele Pisano, formalmente ancora non raggiunto da alcun avviso di garanzia, a differenza della donna. Il Pisano è colui che guidava l’autotreno sotto le cui ruote – almeno così narrano gli unici testimoni, l’ex fidanzata Internò e, per l’appunto, il Pisano – sarebbe morto il povero Denis. L’uomo, oggi ultraottantenne, venne all’epoca dei fatti imputato di omicidio colposo, e poi assolto dal pretore di Trebisacce «per non avere commesso il fatto», come confermato successivamente dalla Corte d’appello di Catanzaro.
LEGGI PER INTERO LO SPECIALE WEB-DOSSIER DI FANTAGAZZETTA DEDICATO A DENIS BERGAMINI
Ma andiamo per ordine, e rielaboriamo gli accaduti sulla base anche del nostro webdossier del 13 aprile scorso. Il 18 novembre del 1989, il cadavere di Bergamini viene ritrovato sulla strada statale 106 Jonica, nei pressi del piccolo Comune di Roseto Capo Spulico, ad alcune decine di chilometri dal centro della città di Cosenza.
Non era mai successo, prima d’allora, che un calciatore, nel pieno dell’attività agonistica, arrivasse a togliersi la vita: almeno questo raccontano i media, già pochi minuti dopo il decesso. Insieme a lui, sulla statale ed a bordo della sua vettura, la sua ex fidanzata, Isabella Internò, che racconta che sarebbe stato Denis a suicidarsi, dopo averle chiesto di accompagnarla prima a Taranto per lasciare il Paese, e poi aver litigato con lei in una piazzola di sosta, in prossimità del luogo del suo presunto decesso.
La Internò da allora dichiara che sia stato proprio il calciatore, nel pomeriggio del 18, ad andarla a prelevare sotto casa sua, e che da soli si siano indirizzati a bordo della Maserati di Bergamini verso Taranto. Lì, il presunto suicidio, sconfessato poi dai RIS di Messina, circa un anno fa. Solo qualche mese fa, in questo nostro articolo, raccontavamo della dettagliata, presunta, ricostruzione dei fatti da parte del collega Bruno Palermo. Bergamini potrebbe esser stato tenuto ostaggio con una pistola puntatagli alla tempia, e successivamente ucciso a colpi di arma bianca.
Pisano era, in quella tragica notte del 1989, alla guida del Fiat Iveco 180 di fronte al quale venne ritrovato il cadavere di Bergamini. Lo stesso autotrasportatore ha da sempre dichiarato, così come l’Internò, che il ragazzo si fosse gettato “a pesce” con istinti suicidiari sotto le ruote del pesante mezzo, e che non avesse potuto far nulla per evitarlo. Pisano dichiarò inoltre che, a margine dell’accaduto, aveva percorso in retromarcia circa mezzo metro sperando di poter ancora salvare Denis, invano. Versione dei fatti che il Pisano ha sostenuto con forza durante il processo che, come già detto, lo vide imputato (e assolto) per omicidio colposo.
Le incongruenze, però, non mancano. A partire dalle macchie di sangue rinvenute sul predellino dell’autocarro, ed a finire alle stranezze relative alla ‘scatola nera’ del mezzo pesante, il cronotachigrafo, che, come rivelato dal programma d’inchiesta ‘Chi l’ha visto?‘, rivela dettagli inspiegabili. Il Pisano all’epoca dichiarò difatti d’esser partito da Rosarno (RC) in direzione nord, prima di investire accidentalmente il ragazzo. Ma la supposta città di partenza, segnalazione che la scatola nera del camion registra con dettagliatezza, dista circa 230 km dal luogo della morte: dato che cozza con i 170 segnalati dal disco cartaceo – tecnologia oggi obsoleta, ma di uso comune negli anni ’80 e ’90 – del cronotachigrafo. Il suddetto disco (che peraltro presenta diverse anomalie legate alla calligrafia e che rimandano ad una sua presunta manomissione prima dell’accaduto), ovviamente, venne sequestrato dopo la morte, a differenza dell’autocarro, che dopo qualche ora venne inspiegabilmente sequestrato ma riconsegnato “con facoltà d’uso” al legittimo proprietario, che la sera stessa dell’incidente tornò a casa a bordo del mezzo.
La rivelazione odierna trapelata dalle pagine di Calabria Ora, insomma, tende a inserire nell’inchiesta nuove – o forse vecchie? – testimonianze: insieme all’Internò, adesso, ci sarà da sottoporre alle domande degli inquirenti un’altra persona, per stabilire se, quella maledetta notte del novembre 1989, Denis Bergamini morì o meno per mano di qualcuno. Inchiesta che proseguirà orientativamente sino a marzo del 2014. Ma potrebbe interrompersi anche prima, laddove i fatti certificati fossero sufficienti; oppure proseguire in caso di richiesta d’una nuova proroga. Molto, probabilmente, dipenderà dalle parole del fantomatico ‘+1’. Da oggi anch’egli invischiato, giocoforza, all’interno d’uno dei casi di cronaca nera e sportiva più assurdi dal punto di vista giuridico e, soprattutto, più tristi da quello umano ed emotivo.
Alfredo De Vuono