La prima volta che mi occupai concretamente di Denis, della sua vita e della sua morte, l’idea di fondo non era quella di lavorare ad un’inchiesta: tutt’altro. Era quella di raccontare una storia.
Una storia troppo spesso sottaciuta a causa dell’iniquo perdurare d’un lavoro giudiziario talmente folle e sprezzante delle ombre che venivano a galla, da perdere di appeal rispetto a qualunque – o quasi – tipo di media. Una storia tanto visceralmente intrisa di sentimento e passione, quella della famiglia Bergamini e di tutti coloro che gli sono stati accanto nel corso degli anni, quanto devastata dalle legittime perplessità che solo un omicidio – almeno in tal direzione pare orientata la magistratura – spacciato per suicidio poteva sollevare. Una storia che nasce in provincia, come tante altre; prosegue nell’allora dorato e ambiguo mondo del pallone, e finisce, in tragedia, sul freddo asfalto d’una statale che potrebbe esser quella che separa le case di ognuno di noi. Al suo epicentro, semplicemente un ragazzo.
Un ragazzo che oggi avrebbe compiuto 51 anni. Ed il cui ricordo continua a vivere negli occhi di tutti coloro hanno urlato, cantato, letto o semplicemente sfiorato con il pensiero il suo nome, anche solo una volta.
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Non lo conobbi, io, Denis. Morì 11 giorni dopo il mio, di compleanno: quello dei 6 anni, però. Per questo, in quel mio primo scontro frontale, giornalistico e emozionale, che ebbi a volere fortemente con lui e tutti coloro che potessero presentarmelo, la domanda che feci ad ognuno di loro fu una sola: chi sarebbe, e cosa farebbe oggi, Denis, se fosse ancora qui con noi? Perché la memoria a cosa serve, se non a svecchiare le immagini, scuoterle dal torpore e da qualche velo di polvere di troppo, smaltarne i colori per renderli più vividi e ribadirne l’essenza?
Ecco perché quella domanda servì a formare, in me – e, spero, nel lettore – quello che oggi è Denis.
“Avrebbe fatto l’allenatore“, disse qualcuno. “Oppure l’osservatore”, replicò un altro. “O forse sarebbe tornato a casa, ad Argenta, ed avrebbe aperto un’azienda agricola”, mi suggerirono. Probabilmente nulla di tutto questo; oppure un po’ di ognuna di queste cose.
D’altra parte, a 51 anni, oggi Denis, rispetto a ieri, probabilmente avrebbe solo avuto qualche chilo in più sull’addome. I capelli dorati gli sarebbero diventati argentei, ma la frenetica vitalità, unita alla fulgida semplicità e concretezza, gli avrebbero consentito di fare questo e chissà cos’altro. Meglio ancora il dirigente, oppure, come si usa dire in quest’epoca, il team manager. O, addirittura, il Presidente.
Oppure, e come semplicemente avrebbero voluto tutti quelli che l’hanno conosciuto ed amano questo sport, avrebbe fatto il Denis. Ovvero il fratello, il figlio, il ragazzo ch’è sempre stato. Con dei sogni realizzati ed altri, ben diversi, ancora nel cassetto, da sviscerare man mano, lungo il cammino d’una vita che sarebbe arrivata solo a quota 51.
Il numero che, per inciso, nella smorfia, identifica il giardino. E l’unico giardino che al momento ci sovviene, diciamocelo, è quello inaugurato in tua memoria pochi mesi fa. Quello che reca in dote, oltre che il tuo nome, anche ciò per cui siamo in migliaia, ancora oggi, qui a parlare di te. A noi, che da questa parte della barricata lo chiamiamo Giardino della Verità, serve a continuare simbolicamente a chiedere giustizia, ed a gran voce.
Tu, che invece non hai mai avuto bisogno di urlare per farti sentire, continua da lassù ad aspettare con calma che essa arrivi. E festeggia insieme a noi i tuoi primi 51 anni. Credici, ne vale la pena.
Il girotondo nel Giardino della Verità, d’altra parte, è appena cominciato. Benvenuti.
Il Giardino della Verità, inaugurato nel 2012 ad Aiello Calabro (CS) in menoria di Denis – per gentile concessione di Donata Bergamini
Lettera aperta di Donata Bergamini al fratello Denis
18 settembre 2013
A una persona speciale, nata il 18 settembre 1962, dal profondo del mio cuore.
I compleanni sono giorni speciali. Oggi potrebbe essere un giorno come tanti, ma c’è un piccolo particolare per me: è il compleanno della persona più speciale del mondo al quale ho voluto tanto bene.
Da quel brutto giorno (18 novembre 1989), quando qualcuno ti ha strappato la vita, quando qualcuno ha nascosto la verità, quando qualcuno non ha voluto o potuto renderti giustizia, sulla tua torta mentre le candeline azzurre accese si sono fermate a 27, quelle bianche, spente, aumentano di anno in anno nella speranza di essere accese per bruciare tutto il male che hai e abbiamo dovuto subire.
Sono 24 oggi le candele della giustizia e verità che aspettano di essere accese!
Ricordando i tuoi giorni vitali e sfogliando le pagine del diario sulla favola della tua morte, cercheremo la via per superare tutte le ingiustizie che hai subito. Spero tanto che presto ti giunga il nostro regalo.
Ricordi quante sere invernali abbiamo trascorso insieme a comporre puzzle?
Non dovrei dirlo, il regalo è sempre una sorpresa: ma come sempre la complicità fra noi due non è mai mancata. Dè, vogliamo regalarti…Il puzzle della giustizia e della verità. I tasselli contati fino ad oggi, sono 8705 (ogni tassello corrisponde a un giorno di mancata giustizia da quel lontano 18 novembre 1989), stiamo attendendo i pezzi mancanti. In attesa di consegna t’informo che abbiamo richiesto spedizione alla Giustizia Italiana con il corriere della verità.
Tra una lacrima e un sorriso i miei migliori auguri di Buon Compleanno accompagnati da un Bacio!
Donata Bergamini
L’omaggio, speriamo gradito, che Fantagazzetta ha voluto fare oggi, nel giorno del suo compleanno, a Denis
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Alfredo De Vuono per Fantagazzetta.com
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