Bergamini, Anselmo: «Internò non è cambiata…..»

il processo

Bergamini, Anselmo: «Internò non è cambiata, qui da 35 anni per colpa della magistratura»

Il duro affondo del legale durante la sua discussione finale. «Già nell’89 tutti sapevano che si era trattato di omicidio». La commozione di Donata Bergamini

Pubblicato il: 23/09/2024 – 16:38 di Francesco Veltri – Corriere della Calabria

«Indagini commesse con sciatteria»

L’avvocato ferrarese ha ripercorso le fasi successive alla tragedia di Roseto Capo Spulico, evidenziando come tutti gli accertamenti svolti per comprendere l’accaduto, siano stati fatti superficialmente. «Accade una disgrazia del genere – ha detto – e viene chiamato sul posto il medico legale De Marco, che mentirà dicendo di aver tastato il polso senza aver spostato il corpo e, per giustificare la dinamica del suicidio descritta da Internò, parla di schiacciamento toracico. Poi ammette di avere poca esperienza, di aver spostato il corpo e che non rifarebbe quel certificato. Ci interessa, quindi, capire perché ha redatto quel certificato falso o no? Come ha fatto a vedere lo sfondamento toracico se, come dice, non ha spostato il corpo? Altro che congiura di Donata Bergamini, questo è un depistaggio gravissimo». Anselmo si è soffermato sulle figure del maresciallo Barbuscio e del pm Abbate, che ha avviato le indagini quella sera. «Barbuscio sente Internò – ha ricordato – sente Pisano, parla con il pm che poi autorizza la rimozione della salma. Fa i suoi rilievi e il camion viene riconsegnato a Pisano come se niente fosse. Una anomalia incredibile. Stiamo parlando di uno dei calciatori più importanti del Cosenza e promettenti d’Italia e si commettono queste sciatterie? Poi c’è Abbate – ha continuato Anselmo – che dice: “Figuriamoci se devo far venire un medico legale da Bari”, e si affida a un medico generico che nega di aver toccato il cadavere. Abbate poi dirà di non voler fare l’autopsia, ma siccome la gente si è posta degli interrogativi, è stato costretto a farla. Raimondi, che ha effettuato l’ispezione cadaverica, afferma che il cadavere non è stato toccato e non era vestito, mentre Abbate dice che era a torso nudo. Ma cosa è accaduto in quella sala dell’obitorio? Ciò che si è verificato ha sviato le indagini per 34 anni. Raimondi e Carbone – ha continuato il legale – nel loro verbale dicono che il cadavere non è stato toccato, poi però descrivono dettagliatamente lesioni che non ci sono. Siamo noi che facciamo i complotti? – ha chiesto ancora Anselmo –.Ancora, Abbate rilascia un’intervista a Santi Trimboli della Rai, sbobinata dal giornalista Giuseppe Milicchio, in cui rivela che Pisano col suo camion non avrebbe potuto evitare Bergamini. E allora perché è stato mandato a processo? La verità è che già la perizia di Avato, che fece l’autopsia nel 1990, esclude la versione di Internò».

Coscarelli, Barbuscio e la versione di Padovano

Anselmo ha ricordato le parole dell’ingegnere Coscarelli, «costretto a redigere una relazione falsa» sull’esame dei luoghi in cui si è verificata la morte di Bergamini, senza avere a disposizione il camion. «Poi insieme a Barbuscio – ha ricordato ancora Anselmo – si accorge che i 59 metri di cui si era scritto inizialmente non coincidevano e non riscontra nessuna traccia di collisione. Il problema della distanza tra l’auto parcheggiata nella piazzola e il punto in cui viene trovato Denis non viene risolto. Perché?». Anche la versione di Padovano sulla telefonata ricevuta da Bergamini al Motel Agip quel drammatico pomeriggio, ha spiegato Anselmo, è motivo di forti perplessità. «Il 27 novembre del 1989 Padovano – ha sottolineato Anselmo – dice di aver parlato ad Abbate di quella telefonata in cui Denis appare preoccupato, Abbate lo smentisce. Poi, però, dopo due giorni, chiama in procura gli addetti ai telefoni del Motel Agip. Perché lo fa se dice di non aver saputo nulla di quella telefonata?». «Ancora il maresciallo Barbuscio – ha detto Anselmo – l’8 gennaio del 1990, in una relazione di servizio che nessuno gli aveva chiesto, ripete la versione di Interò sul suicidio, ma aggiunge che quando i due erano stati fermati dai carabinieri, si erano mostrati preoccupati, sembravano drogati. Innanzitutto – ha chiarito Anselmo – c’è una grande differenza tra l’essere preoccupato e l’essere drogato, poi mi chiedo: sospetti che chi hai fermato è drogato e lo lasci andare? Qui la sensazione è che il caso andava chiuso il prima possibile».

La famiglia Internò e la freddezza di Isabella

Anselmo ha evidenziato come la morte di Bergamini sia collegata alla famiglia di Isabella Internò, «in quel contesto ambientale – ha detto – basato sul concetto di onore, è maturato l’omicidio». «La gelosia ossessiva di Isabella Internò – ha aggiunto – il suo disturbo del controllo, ha portato alla morte di Bergamini. Ricordo a tutti la sua disperazione che diventa immediatamente freddezza quando telefona a Gigi Simoni e Ciccio Marino per raccontargli ciò che è appena avvenuto. Chiede a Simoni se l’accaduto le procurerà dei problemi. E poi, con il corpo di Denis, che lei considera ancora il suo fidanzato anche se di fatto non lo è più da mesi, ancora a terra senza vita, lei vuole tornare subito a Cosenza. È normale?». Anselmo è tornato anche sul desiderio costante di Internò di tornare al Motel Agip per parlare con i calciatori, e poi la presenza insieme a tutta la sua famiglia al funerale di Denis «in cui emerge la teatralità dell’imputata. Alla famiglia di Isabella non importava nulla di Denis. Poi lei, dopo la messa, sale sul pullman della squadra, perché si considera l’erede di Denis, la vedova. E vuole anche la Maserati di Bergamini. Questa ragazza ha uno spessore emotivo piatto».

Le sorelle Dodaro e il ruolo di Luciano Conte

Il legale ha ripercorso anche i momenti cruciali del pomeriggio del 18 novembre del 1989, compresi i rapporti tra le sorelle Dodaro e Isabella Internò. «Isabella – ha spiegato Anselmo – usa Carmela Dodaro come sua testimone. Le chiede di accompagnarla all’appuntamento sotto casa con Bergamini, come non aveva mai fatto. Era la prima volta che le parlava di un appuntamento con Bergamini prima di vederlo, in genere gliene parlava dopo. E poi, dalle intercettazioni ambientali, abbiamo la prova Bergamini non l’ha chiamata, come lei stessa ha affermato, per fissare l’appuntamento quel pomeriggio. La telefonata tra i due non è mai esistita, lei dice il falso, e la smentisce anche la madre Concetta Tenuta. È stato un certo Andrea a chiamare il calciatore. Denis si è recato a quell’appuntamento perché spinto da altri». Anselmo ha fatto ascoltare alcune intercettazioni ambientali in cui emerge anche il ruolo di Luciano Conte, marito di Internò e i loro contrasti sulle informazioni e sulle versioni dei fatti rese dalla donna ai magistrati. «Conte sapeva che Bergamini era stato ucciso – ha spiegato Anselmo – ma il suo scopo era quello di salvare il suo buon nome per i tradimenti subiti in quegli anni dalla futura moglie e per l’esito delle indagini. A lui non interessa nulla di Bergamini, si frequentava con Internò già da prima di quella serata drammatica. Nel 2011 litiga con la moglie perché ha negato al magistrato che fossero fidanzati già nel novembre del 1989. “Hai fatto male – le dice – perché loro lo sanno”. A quel punto Internò replica al marito ricordandogli di aver fatto quello che le ha sempre chiesto lui, e cioè di non metterlo in mezzo a questa situazione». «In un’altra intercettazione – ha proseguito Anselmo – Internò rivela a Conte che a lei interessa solo la dinamica dei fatti e non il resto. In tutto ciò, si capisce l’origine del rapporto tra i due, condizionato dal peccato originale. Rapporto che si sviluppa nel tempo sulla menzogna. Un panorama triste, desolante, avvilente, una coppia così mi intristisce. Un’omicida con un poliziotto, lei mente e lui si preoccupa di non fare la figura del cornuto. Ogni volta che leggo le dichiarazioni di Internò – ha tuonato ancora Anselmo – mi viene il voltastomaco». «Isabella Internò – ha detto sempre Anselmo – ha detto di aver guardato l’orario, le 19.11, quando Pisano è passato col camion. Perché in quel momento guarda l’orologio? Lei sapeva tutto già prima, per questo si preoccupa di documentare l’ora».

«Mettetevi nei panni di Donata»

Ampio spazio è stato dato anche a ciò che hanno visto i testimoni Forte e Rinaldi, presenti sul luogo della tragedia il 18 novembre del 1989 (entrambi parlano di una macchina scura oltre alla Maserati di Bergamini), alle dichiarazioni ritenute false del camionista Pisano («la retromarcia – ha ammesso Anselmo – non mi convince e poi Miglino afferma che non è possibile, come ha dichiarato, che sia stato fermato dai carabinieri poco prima»), alla paura di Tiziana Rota, amica in quegli anni di Isabella Internò, di svelare ciò che sapeva, e alle perizie medico scientifiche «che non lasciano dubbi – ha precisato Anselmo – sul fenomeno asfittico».
Infine il legale ha chiesto alla corte presieduta da Paola Lucente di mettersi nei panni della famiglia Bergamini e in special modo di Donata, sorella di Denis, «che negli anni ha sopportato violenze, la morte del padre Domizio, la malattia della madre, e poi ancora umiliazioni e delusioni per la negazione di una verità che è sempre stata evidente. Pensate al cuore e al fegato che ha avuto questa donna fino a qui, sentire parlare in quel modo disonesto di suo fratello, ragazzo semplice e cristallino. Pochi giorni fa avrebbe compiuto 62 anni. Io – ha concluso il legale mentre Donata Bergamini lasciava l’aula trattenendo le lacrime – nel corso della mia lunga carriera, ho imparato che quando cambiano le persone cambia la giustizia. E la giustizia deve essere fatta da queste persone. Oggi vi ho dimostrato che erano milioni i motivi per indagare. Vi chiedo giustizia».
Domani prenderanno la parola gli altri due legali della famiglia Bergamini, Alessandra Pisa e Silvia Galeone. (f.veltri@corrierecal.it)

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