Vogliono sapere chi o cosa ha tolto la vita a Donato “Denis” Bergamini. Ieri mattina a Cosenza centinaia di persone hanno sfilato in corteo, si sono ritrovati tramite il gruppo facebook «Verità per Donato Bergamini». Il calciatore di Ferrara morì il 18 novembre del 1989, a 27 anni. Fu investito da un camion a Roseto Capo Spulico, nel Cosentino, lungo la statale 106 jonica, mentre era insieme alla fidanzata. Suicidio la versione ufficiale, che nel ’92 portò all’archiviazione l’inchiesta della Procura di Castrovillari. Domizio, il padre del centrocampista, ieri ha manifestato insieme all’altra figlia, Donata, chiedendo che l’indagine venga riaperta: «Mio figlio è stato ucciso, ho nuove speranze che la verità esca. Chiediamo di rivalutare vecchi elementi e nuove testimonianze, raccolte dai nostri legali». Davanti al palazzo di giustizia di Castrovillari striscioni e cartelli, decine i tifosi del Cosenza, ora nel girone B di Prima Divisione, in Lega Pro. «Si è creato – racconta la sorella dell’ex calciatore – un bellissimo rapporto fra Denis e la città silana. Gli è stata intitolata la curva sud dello stadio San Vito». Il procuratore Domenico Giacomantonio è pronto a riaprire il caso se emergessero fatti nuovi. Il cadavere del biondo centrocampista non aveva una sola frattura, nonostante fosse stato trascinato per 64 metri da un autocarro. Le scarpe erano perfettamente pulite, l’orologio intatto. «Il quadro lesivo – scrisse il medico che eseguì l’autopsia – non era da trascinamento». Due compagni dell’epoca hanno rotto il muro di omertà: l’ala destra Sergio Galeazzi, protagonista della promozione e delle salvezze in B, a fine anni ’80, assieme all’ex azzurro Michele Padovano. Hanno raccontato le ultime ore di Bergamini, le telefonate ricevute in albergo, al Motel Agip di Cosenza. «La sveglia era fissata per le quattro del pomeriggio – ricorda l’ex attaccante della Juventus -, mezz’ora dopo saremmo andati al cinema. Alle tre Donato ricevette una chiamata in camera, cambiò espressione, divenne assente. Di solito andavamo al cinema con un’auto, quel giorno volle prendere la sua per stare da solo». «Eravamo in galleria – ha spiegato Galeazzi -, al cinema Garden. Donato stava solo, due file più avanti. Si spense la luce, cominciò la pubblicità, lo vidi alzarsi. Ero seduto vicino all’ingresso, all’inizio della fila di poltroncine, lo seguii con lo sguardo. Lo attendevano due persone, non so dire se ci fosse una donna. Non so se andarono via insieme, Donato non è più rientrato». Galeazzi era l’unico calciatore del Cosenza non interrogato da magistrati e carabinieri. «Ho capito che non c’era alcun interesse a riaprire il caso». Bergamini è stato un calciatore di buon livello, lo cercò il Parma che allora si batteva per la promozione in A. La sua tragedia è diventata un libro con Carlo Petrini: «Il calciatore suicidato». Papà Domizio chiede aiuto alla fidanzata di Donato, unica testimone oculare della morte, oltre al camionista, ma reticente anche ai media. «Una volta al telefono mi rivelò che mio figlio le aveva promesso in eredità una Maserati». Donata sostiene che un’importante testimonianza è sparita dal fascicolo: «Il nostro telefono non è mai stato messo sotto controllo, eppure abbiamo ricevuto chiamate di minaccia. In ospedale sono spariti i vestiti, sono morti due impiegati del Cosenza che ci avevano promesso nuovi particolari». Un’interrogazione parlamentare è stata firmata anche da Dario Franceschini. sport@unita.it
Vanni Zagnoli