Il giallo di Bergamini si è riaperto. La morte del calciatore del Cosenza, travolto da un camion a Roseto Capo Spulico la sera del 18 novembre scorso, potrebbe non essere catalogata più come un suicidio (tesi avvalorata dalla fidanzata del centrocampista) ma, quantomeno, come incidente. Si riaprono quindi le eventuali responsabilità dell’ autista del camion, nei confronti del quale però non è stato preso alcun provvedimento. Sullo sfondo restano ancora le mille voci, tutte incontrollate, su presenze strane nella vita di Bergamini, finanche sul ruolo del totonero, l’ organizzazione controllata dalla camorra napoletana delle scommesse clandestine sulle partite del Campionato professionistico di calcio. A riaprire il giallo è stata la decisione del sostituto procuratore della Repubblica del tribunale di Castrovillari, Ottavio Abate, titolare dell’ inchiesta, che ha ordinato la riesumazione del cadavere, con conseguente autopsia. Per la verità i magistrati di Castrovillari avevano disposto la riesumazione del cadavere fin dalla metà dello scorso mese di dicembre, delegando all’ atto i loro colleghi della Procura di Ferrara. Solo ieri l’ altro però l’ operazione è stata fatta nel cimitero di Boccaleone d’ Argenta, nel ferrarese, dove Donato Bergamini era nato. I risultati dell’ autopsia si conosceranno solo fra un paio di mesi ma è già significativo che sia stato disposto il riesame del cadavere, così come avevano sempre chiesto i familiari di Bergamini, per nulla convinti della tesi del suicidio. Abate, dal suo ufficio di Procura a Castrovillari, ieri ha smorzato tutti i toni. Il riesame del cadavere? Un fatto normale per verificare la compatibilità delle lesioni riscontrate sul cadavere con le ricostruzioni tecniche che abbiamo fatto nel luogo dell’ incidente. I dubbi sul suicidio sono rilanciati da alcune considerazioni: il cadavere del centrocampista del Cosenza presentava ferite solo alle gambe; il viso era rimasto intatto; non furono neanche registrate tracce di frenate sull’ asfalto e macchie di sangue. Non reggerebbe, in sostanza, la tesi della fidanzata di Bergamini, Isabella Internò, secondo la quale il suo Donato si era buttato sotto le ruote del camion alla cui guida c’ era Raffaele Pisano, al termine di una discussione animata. La tesi del suicidio era stata avallata dallo stesso Pisano e aveva trovato un appiglio nelle circostanze in cui era maturata la decisione di Bergamini di lasciare improvvisamente il ritiro del Cosenza, a dodici ore dalla gara interna con il Messina, prelevare Isabella, fuggire con la potente Maserati verso lo Ionio e qui annunciare di voler lasciare il calcio, i soldi, la notorietà, per raggiungere Taranto e da qui la Grecia (tra l’ altro, da Taranto non parte alcuna nave per la Grecia). Se crolla il suicidio, però, ciò non vuol dire e Abate ieri mattina lo ha fatto rilevare che riprendano corpo le fantasiose tesi delle scorse settimane: Bergamini ucciso, congiura ai danni del calciatore, perversi ambienti attorno a Donato, eccetera. Molto più semplicemente ma anche questo è tutto da dimostrare potrebbe essere un caso di omicidio colposo. Noi ha detto ieri mattina Abate non possiamo fare romanzi. Le inchieste si basano su fatti. Men che meno il magistrato ha inteso dare corpo alle ipotesi sul totonero: Illazioni giornalistiche, ha tagliato corto il magistrato il quale ha poi precisato che all’ orizzonte non vi sono ipotesi inquietanti sulla morte di Bergamini. C’ è da chiarire, però, ogni cosa sullo stato d’ animo del biondo calciatore ferrarese prima della morte del 18 novembre. Particolare attenzione c’ è per una telefonata giunta in casa Bergamini, a Boccaleone d’ Argenta, cinque giorni prima di quella tragica sera di Roseto Capo Spulico. Bergamini aveva raggiunto Ferrara dopo il pareggio a Monza del Cosenza. La solita sosta del lunedì prima della ripresa degli allenamenti. Ricevette una telefonata, si alzò dal tavolo da pranzo e ritornò visibilmente scosso. Chi era all’ altra parte del telefono? Chi parlò con Bergamini quel giorno? Su questa telefonata il padre di Donato insiste molto. Non è detto che non sia proprio questa la chiave di volta per scoprire il giallo. Riuscire ad identificare l’ autore della telefonata a Boccaleone potrebbe significare dare un volto alle ansie di un ragazzo di ventisette anni, nel pieno della sua carriera, pieno di vita al punto che quell’ ultimo giorno che visse con i suoi genitori aveva parlato dei regali di Natale da fare al padre e alla madre. E può un ragazzo con questi pensieri suicidarsi cinque giorni dopo gettandosi sotto le ruote di un camion?
Filippo Veltri